Tübinger Stadtfest 2009

19 luglio 2009

I thought that tonight we would have drunk a beer, ate a Rotwurst or had something else. But it’s all over.

Le mie prime due settimane

2 maggio 2009

Sono passate appena due settimane da quando sono arrivato e mi sembra di stare qui da un’eternità. Mi sono sufficientemente ambientato, nel senso che sono in quella fase in cui ancora so poco di come si vive qui, ma sto riuscendo a muovermi discretamente.

Quando arrivi in Germania le prime cose da fare sono la registrazione alla città e l’apertura di un conto in banca, visto che qui funziona tutto con EC card, che è il bancomat locale, e poco e niente con la carta di credito. Incredibilmente nel fare queste cose ho scoperto che il mio inglese è migliore di ciò che pensassi e addirittura il mio collega cileno (fonte attendibilissima) ha detto che non si sente l’accento italiano.

Nel frattempo ho dovuto fronteggiare qualche altro problema tecnologico: un banco di ram impazzito che mi ha quasi mandato in malora il computer (almeno ora ho imparato a smontare un MacBook), un router che funzionava secondo regole personalissime, una macchinetta fotografica che ha deciso di dare di matto nel momento meno opportuno. Abbastanza per aver capito che non è il mio periodo migliore con la tecnologia.

Con le persone che ho conosciuto in questi primi giorni (quasi tutte rigorosamente italiane) ci siamo concessi un week-end a zonzo. Prima ad Heidelberg (dove ho scoperto con estremo ritardo risiedere un amico, nonché collega) e il giorno dopo a vedere il castello di Neuschwanstein, che ha ispirato Walt Disney.

Infine ho acquistato una bicicletta al mercato dell’usato pagandola 20 € (frena poco e trema tutta, però è rossa e mi porta a destinazione) e cominciato un corso di tedesco (sperando che alla fine del corso un ecuadoregno mi dica che non si sente l’accento italiano!)

In questi giorni ho imparato un altro po’ di cose di vita tedesca: la gamba alzata del pantalone serve a non sporcarsi di grasso (qualcuno sa come si toglie?), in alternativa si trovano dei lacci che tengono la gamba del pantalone ben lontana dalla catena, la vita da solo è bella però il biomüll si accumula con fatica e quello che rimane dopo un po’ puzza, con la bici in 8 minuti vado da casa all’istituto dove lavoro, il gelato non sa di nulla, le patatine dell’X (considerato un’istituzione cittadina) sono buonissme, la birra del Neckarmüler è fantastica, i supermercati rimango aperti fino alle 22, puoi vivere in un condominio per settimane e non incontrare mai i vicini, per fare la lavatrice hai bisogno di 4 moneta da 50c e se non le hai ti attacchi (qualcuno sa come si dice in tedesco: mi cambia le monete?).

Il mio neurone

23 aprile 2009

il-mio-neurone Fu così che passò la prima settimana.

Contrariamente alle mie previsioni, non sono stato poi tanto da solo. Città imprevedibile.

In una settimana ho già conosciuto un po’ di persone. E scoperto che si possono incontrare casualmente in giro. O al tuo stesso coso di tedesco. Dopo una settimana cominci a capire qualcosa. Che la carta si mette fuori il venerdì. Che i tedeschi quando si incontrano dicono Hallo (pronunciato alò) ma quando si salutano dicono Ciao in un italiano che fa impressione. Che di italiano non c’è solo il ciao ma un sacco di gente in giro e soprattutto un sacco di negozi (il pizzicagnolo, la boutique di scarpe, gelaterie, pizzerie). Che se guardi bene, riconosci in giro le stesse facce. Che non tutti parlano così bene l’inglese come noi pensiamo. Che però nei posti chiave ci mettono qualcuno che lo sa. Però i documenti per l’immigrazione non li traducono (europeo si, ma immigrato). Che quando vanno in bicicletta si tirano su la gamba destra del pantalone (la moda è moda). Che il tempo cambia rapidamente (fa caldo, no fa freddo, no diluvia, è uscito il sole!!!). Che rapidamente cominci a fregartene del freddo. Che il sacco per il restmüll è facile da comprendere, ma cosa vada davvero nel Gelb Sack è davvero un mistero (plastica, alluminio e così via, ma le bustine di plastica? ci vanno?). Che non ho ancora avuto il coraggio di andare a buttare la spazzatura (e se mi ferma qualcuno e mi controlla la spazzatura?). Che aprire un conto in banca è assai facile (e dicono pure chiuderlo!). Che stare in ufficio da solo non è divertente. Che hai bisogno di una bicicletta. Che si comprano usate. Che il gulasch in lattina non è niente male. Che il mio inglese non è così malaccio come pensavo.

Infine, vi presento il mio neurone. Ancora non ha un nome, ma visto quanto costa (7,50 €) non avrà 100 miliardi di fratelli a fargli compagnia. Rimarrà solo soletto come è giusto che sia.

La vendetta di Montezuma

17 aprile 2009

Detta anche la sindrome del viaggiatore, la Vendetta di Montezuma è quella sindrome che colpisce l’apparato gastro-intestinale e che blocca la persona colpita in bagno per diverso tempo.

Fortunatamente io non ne sono stato colpito, ma il mio computer si. Passato il primo giorno cercando di far funzionare la connessione a internet, il secondo non poteva andare meglio dopo la vittoria ottenuta la sera prima. Il mio MacBook ancora odorante della scatola di imballaggio ha deciso che era il momento giusto per inchiodarsi di brutto. Mentre spensierato facevo colazione ascoltando una radio di Jazz su iTunes (ah, una bella giornata che passerò scoprendo questa nuova città) il portatile viene colpito da un kernel panic, ovvero va in crash. Vabbé capita, si riavvia il computer e felici come prima. No, perché mentre si riavvia un nuovo kernel panic, e poi ancora e ancora e ancora.

Alla fine ho passato la giornata facendo di tutto, comprese macumbe e riti di Candomblé, ma nulla è servito. Ironia della sorte l’unica cosa funzionante era Windows Xp sull’altra partizione (maledetto!).

Dopo essere andato a letto mesto e con la coda tra le gambe (1-1 per lui), il risveglio avviene nel panico. Colazione fatta a caffé e biscotti, faccio partire Windows per sentirmi un po’ di radio e….il servizio RPC si è chiuso inaspettamente e il computer verrà riavviato. Conosco bene questa cosa. E’ un maledetto virus!

Riavvio il computer nel panico: 1) mi sono beccato quel maledetto virus (panico, panico, panico), 2) si tratta di una sfortunata coincidenza ed è tutto a posto (si come no!).

Incredibilmente mi dice bene, il computer si riavvia normalmente e non accade più nulla. Se mi fossi beccato il virus ora sarei in preda a riavvi continui.

Preso da una immotivata dose di ottimismo riavvio la partizione Mac per vedere cosa accade. E misteriosamente la vendetta di Montezuma così come è arrivata, se ne è andata.

Ho così potuto passare a giornata facendomi un bel giro per la città: mi sono fatto un numero di cellulare tedesco (O2 non ti lascia mai solo, mi avrà mandato già 5 sms), ho scoperto che il venerdì è il giorno per mettere fuori la carta da riciclare (chissà cosa bisogna fare con il resto della spazzatura!?!)  e che alle 7 spariscono tutti.

E visto che fino a lunedì mi sa che non beccherò nessuna delle persone che conosco qui, mi passerò qualche altro giorno da solo. Speriamo di non finire come Jack Torrance (intanto per non fare come Homer ho fatto scorta di birra!).

Cheers!

Il mio primo giorno

16 aprile 2009

And so it is….

Con mezz’ora di anticipo su ciò che dichiarava Germanwigs, atterro a Stoccarda dove un signore sui 60 anni mi viene a prendere. E’ il mio padrone di casa. Il figlio che occupava il monolocale che ora occupo, è partito il giorno prima per gli Stati Uniti, dove finirà la sua tesi di laurea. Io invece finirò qui (si spera) la mia tesi di dottorato. Il volo è stato breve e quasi indolore. Quasi perché ovviamente il mio solito mal di testa da viaggio è presente. Quel poco che basta per rendere le cose ancora più di difficili.

Le valigie pesano una tonnellata, mi porto un fracasso di roba per stare via una settimana figuriamoci per 6 mesi. La vita mi piace comoda. E il tipo non smuove un mignolo nonostante il mio viso sia paonazzo dallo sforzo. Vabbé m’ha risparmiato il bus e poi la camminata, e invece arrivo dritto dritto al garage. Ci posso pure stare.

Sbrigate le procedure burocratiche, firma del contratto e passaggio di soldi, resto finalmente da solo. Ma proprio solo. Fuori non si sente un rumore, ormai è calato il buio, sono a pezzi e la connessione internet non vuole saperne di funzionare. E il mal di testa è diventato proporzionale al tempo che resterò qui.

Il frigo è ovviamente vuoto. Uscire ora equivarrebbe a perdersi, visto in che stato sono. Ok, mi sa che stasera si salta la cena.

Mi sveglio il mattina successivo alle 8 dopo aver dormito su un cuscino fatto di mutande e calzini infilati nella fodera. Il meglio che potessi ottenere per la nottata. La coperta era troppo leggera e una doccia calda è quello che ci vuole per togliere quella sensazione di freddo costante. Fortuna che il giorno è caldo, quindi resterà per poco.

Inizia così una giornata passata trottando da un capo all’altro della città. Supermercato, casa, Saturn, casa, centro, casa, ancora centro alla ricerca di un internet point, casa a provare a sistemare la connessione, ancora internet point, di nuovo casa. Rientro definitivamente alle 4 del pomeriggio stremato. Mi riposo un po’ e poi vado nuovamente al supermercato.

Per stasera non ce l’ho fatta ad uscire, però sono riuscito ad avere la connessione.

1-0 per me.